Il trattamento criogenico avviene portando il materiale al di sotto della temperatura di fine trasformazione della Martensite (Mf), questo trattamento normalmente si esegue ad una temperatura di -80°C ed ha lo scopo di stabilizzare la martensite ed eliminare l'austenite residua presente nei particolari temprati.
Grazie al trattamento criogenico si aumenta la vita dell’utensile in modo considerevole e, di conseguenza, diminuiscono le manutenzioni degli stampi; inoltre il trattamento criogenico serve anche a restituire ai particolari stabilità dimensionale nel tempo.
L’effetto del trattamento criogenico è quello di diminuire il valore della temperatura Mf in prossimità della quale si assiste alla completa trasformazione dell’austenite.
In un acciaio non legato, per percentuali superiori allo 0,7% di carbonio, Mf assume valori inferiori a 0°C per cui, per diminuire questa temperatura, è necessario realizzare bagni termostati di alcool, ghiaccio secco e azoto liquido.
Le cose si complicano ulteriormente in presenza di acciai legati.
È importante che non si faccia passare molto tempo tra tempra e sotto-raffreddamento poiché, a causa del processo di stabilizzazione dell’austenite, la sua successiva trasformazione diviene, con il passare del tempo, sempre più difficile (ulteriore diminuzione di Mf). L’esperienza dimostra che nella maggior parte degli acciai a –80°C non si trova più austenite: sarebbe quindi sufficiente un cold treatment per assistere ad un discreto incremento della resistenza all’usura del componente.
Il trattamento criogenico però si contraddistingue dal trattamento freddo (cold treatment) per le temperature molto più basse a cui lavora: durante un trattamento criogenico la temperatura dell’azoto liquido viene portata a –196°C.
Prove condotte sul campo ed in laboratorio dimostrano che il trattamento criogenico conferisce all’acciaio un ulteriore aumento della resistenza all’usura rispetto al trattamento freddo.
Il processo criogenico fino agli anni ‘60 consisteva nell’immersione del componente direttamente in azoto liquido; per i pezzi di geometria complessa, però, il raffreddamento drastico poteva comportare la rottura degli stessi. Al giorno d’oggi il trattamento criogenico viene realizzato mediante apparecchiature a microprocessore in grado di controllare il raffreddamento della camera nella quale l’azoto liquido è immerso sotto forma di una fitta nebbia.
Un aspetto importante, e non trascurabile, è che in generale i risultati ottenuti industrialmente presentano un andamento di proprietà talvolta altalenante. Questo fatto costituisce ancor oggi motivo di scetticismo da parte di molti potenziali utilizzatori del trattamento criogenico, i quali preferiscono evitare investimenti su tecnologie dai risultati non del tutto convincenti derivanti dalle poche prove preliminari eseguite.
Poiché negli acciai tutta l’austenite è eliminata a temperature decisamente superiori ai –196°C è stato necessario cercare una nuova spiegazione al fenomeno osservato. Analisi microstrutturali realizzate al microscopio elettronico in trasmissione (TEM) hanno consentito di individuare una precipitazione secondaria di carburi molto più estesa, fine, ed omogeneamente distribuita nell’acciaio trattato criogenicamente.
Le teorie avanzate per gli acciai propongono quale causa del fenomeno il cosiddetto condizionamento della martensite alle basse temperature.
Poiché anche metalli non ferrosi presentano miglioramento delle proprietà meccaniche in seguito a trattamento criogenico, si è portati a pensare che, anche in questi materiali, vi sia una precipitazione più fine e omogeneamente distribuita di carburi (delle analisi specifiche al TEM potrebbero approfondire questo aspetto).
Non potendo parlare però di condizionamento della martensite si potrebbe supporre che, poiché l’indurimento di queste leghe avviene principalmente per precipitazione, la contrazione del reticolo cristallino, dovuta allo sbalzo termico, provochi, in prossimità di difetti reticolari, una micro nucleazione di precipitati coerenti che potrebbero essere sede di accrescimento durante il successivo rinvenimento.
Dal punto di vista del processo l’esperienza suggerisce dunque alcune importanti avvertenze: è importante evitare velocità di raffreddamento troppo elevate, come ad esempio quella che si ottiene mediante immersione diretta in azoto liquido; i pezzi della geometria complicata (spigoli, fori ecc.) assoggettati ad un raffreddamento troppo drastico potrebbero arrivare a rottura per shock termico; dopo il trattamento criogenico va sempre eseguito o un rinvenimento oppure una distensione a basse temperature.
Vale la pena portare qualche esempio di applicazione del trattamento criogenico a materiali non ferrosi:
- Gli induttori di rame impiegati nella saldatura per contatto dopo trattamento criogenico subiscono un incremento notevole della vita in esercizio;
- Un'applicazione più esotica, se così si può dire, è quella degli ottoni delle orchestre in cui il trattamento criogenico sembra conferire un miglioramento delle proprietà di risonanza davvero impensate. Lo stesso effetto è stato osservato sulle corde di chitarre e violini;
- Esperimenti con risultati soddisfacenti sono stati eseguiti anche su leghe di alluminio e carburo di tungsteno, esperimenti che hanno confermato la peculiarità del trattamento criogenico di essere come una sorta di vera e propria medicina per i materiali metallici.
Benché non sia ancora chiaro l'effetto microstrutturale che il trattamento criogenico abbia sui materiali, è possibile, per concludere, fare un elenco delle proprietà ottenute dai manufatti trattati criogenicamente:
- Allineamento nella struttura molecolare rendendola quasi isotropa;
- Abbassamento dell'energia cinetica delle molecole con conseguente aumento della distanza interatomica;
- Aumento della resistenza all'usura (con il criogenico si crea una struttura molecolare più densa che fornisce una superficie di contatto maggiore che, conseguentemente, riduce l'attrito).